mercoledì 31 agosto 2016



L'Incendio - "L'Incendio"

Etichetta: Autoprodotto -  Genere: Brutal Death Metal 


L'Incendio è una band originaria di Imola il cui nome deriva dal fenomeno, osservabile sulle città nelle notti brumose d’inverno, per cui nel cielo si presenta un alone giallastro che rievoca il bagliore emanato di un lontano incendio. Così, "uno dei tanti segni della supremazia della civiltà umana diventa riflesso della sua stessa distruzione". E' da questo assunto che bisogna partire, perché nelle nove tracce che compongono il disco i Nostri sferrano un'autentico assalto sonoro, sebbene stavolta parliamo di un Brutal Death diverso dal solito. L'opener "Zion Ruins" si fa notare per l'arpeggio iniziale condito da percussioni tribali, ma anche per il chorus in cui la violenza del blast beat contrasta con la melodia della chitarra e della voce che, come si sentirà più volte nel disco, ricorda molto quella dei System Of A Down..ottima inoltre la parte a tre-quarti canzone, con un bel suono di basso e delicate note di chitarra; "Immanent" ha una prima parte in cui velocità e pesantezza si danno il cambio, mentre sia la melodia che introduce l'assolo (a dir poco allucinato) che il finale con i cori risultano evocativi"Smile On!" ha un'inizio decisamente prog e un grande equilibrio di fondo, che permette alla voce e al basso di mettersi di mostra..piuttosto valida la parte a tre-quarti canzone, in cui la musica pare "dissolversi" prima di tornare con un violento attacco; "The Nation Of Dreams" è una canzone corposa, in cui la voce di Luca Emiliani si mette in mostra per il cantato profondo e disperato; "Youtumor" fa del contrasto tra parti melodiche ed altre rabbiose il suo punto di forza; "5 Is The New 6" è una delle canzoni migliori del lotto, grazie ancora all'ottima prova della voce, ma anche al riff "storto" (colonna portante del pezzo) e la melodia finale; "Zatemniat'" è un'intermezzo che dimostra la capacità innata di questi ragazzi di rendere grande un pezzo semplice; la conclusiva "L'Incendio Pt. 1&2" è un'avvicendarsi tra furiose parti brutal e momenti poetici cantati in Italiano (complimenti), senza dimenticare la parte in sassofono, capace di trasmettere la solitudine delle notti fredde ed elettriche in cui le "luci della città riflessa tingono la notte di arancio", e l'accorata declamazione finale del cantante, Grande Orchestratore dell'Incendio che brucia tutte le colpe, corruzioni e vanità. 

Insomma, un disco complesso ma per nulla banale, che perde alcuni punti se si tiene conto del sound scelto in studio, "secco" e incapace di rendere la profondità creativa dei Nostri. A livello compositivo suggerisco di seguire maggiormente la strada dei riff prog e degli inserti strumentali, in cui la band mostra di dare un valore aggiunto. Le canzoni risultano ancora troppo complesse e lunghe e, cosa importante, i riff a volte non vengono fatti "sfogare" come si dovrebbe. Rimane il fatto che qui abbiamo una band dall'indubbio potenziale e che col prossimo disco potrebbe giungere a maturazione completa. Assolutamente da tener d'occhio. 


Voto 7,5 / 10 

-M 


domenica 28 agosto 2016


 L'ascesa del Leviatano: intervista ai Subliminal Fear  


Li avevamo lasciati alcune settimane fa recensendo la loro ultima fatica "Escape From Leviathan". Ora incontriamo di nuovo i Subliminal Fear, facendo una bella chiacchierata con il cantante Carmine Cristallo. 

CIAO CARMINE, INNANZITUTTO UN BENVENUTO A TE E ALLA BAND QUI SU THE METALLIST. PER INIZIARE TI VA DI RACCONTARCI QUELLA CHE E' STATA LA CARRIERA DEI SUBLIMINAL FEAR FINO AD OGGI? 
Ciao, è un piacere essere qui su The Metallist e raccontarti del nostro progetto. I SF nascono nel 2002 e come la maggior parte delle band, dopo una fase iniziale contraddistinta dal suonare cover, abbiamo iniziato a scrivere musica nostra, fortemente influenzata dalle band melodic death più importanti. Abbiamo avuto qualche difficoltà legata ai continui cambi di line-up che ci hanno rallentato, ma adesso, mi piace ritenere quella prima fase della nostra storia come conclusa. Di quella formazione iniziale siamo rimasti in tre: Alessio al basso, Domenico alle chitarre ed io; gli altri attuali membri sono subentrati in quest’ultima fase. Adesso abbiamo due vocalist, ed è grazie a Matteo De Bellis dei deathster Golem, che possiamo esprimerci al meglio nelle parti più aggressive. Il nuovo batterista della band è Ruggiero Lanotte e la sua esperienza e la sua tecnica adesso saranno il valore aggiunto, specialmente in sede live. Con "Escape From Leviathan" iniziamo una nuova parte della nostra storia.

IN ALTRE INTERVISTE HO LETTO CHE "ESCAPE FROM LEVIATHAN" E' IL FRUTTO DI UNA SORTA DI PIANIFICAZIONE..PERSONALMENTE APPREZZO IL CONCETTO, RITENGO CHE NON SIGNIFICHI LA "MORTE DELL'ISPIRAZIONE" MA SEMPLICEMENTE AVERE LE IDEE CHIARE..SEI D'ACCORDO? 
Si, sono d’accordo con te, non necessariamente bisogna lasciare tutto al caso, specialmente quando si vuole realizzare un prodotto professionale e in linea con le esigenze degli attuali metalheads. Gli inizi del 2014 sono stati fondamentali per il nuovo percorso stilistico, definendo molti aspetti del nostro nuovo sound e abbandonando anche qualche cliché di un genere (il melodic death metal) che ci stava ormai a dir poco “stretto”. L’inserimento della musica elettronica, di parti più groove-oriented e un lavoro particolarmente attento sulle melodie sono alcuni degli elementi nuovi che mi sento di evidenziare. Dopo aver iniziato a sperimentare nuove parti e soluzioni, i brani sono venuti fuori con molta naturalezza, poiché a differenza degli altri album, avevamo le idee molto chiare sui nostri obiettivi.

COMPOSIZIONE DEI BRANI SU PC O IN SALETTA..COSA PREFERITE E QUALI VANTAGGI/SVANTAGGI PORTANO SECONDO VOI? 
Per la lavorazione dei brani di "Escape From Leviathan" abbiamo optato per entrambe le soluzioni, ritenendole fondamentali e complementari per raggiungere il massimo dalle nostre capacità. La composizione di un brano infatti si è svolta alternando le due fasi, cioè arrangiando le idee nate in fase di jamming tra di noi utilizzando qualche software oppure partendo da una registrazione di una parte vocale e costruendoci le parti attorno. Non ritengo ci possano essere degli svantaggi in questo, anzi le nuove tecnologie dovrebbero essere un punto di forza.

SU "ESCAPE.." LE ELETTRONICHE E I SYNTH SONO PARTI PREPONDERANTI..LE AVETE IDEATE INSIEME ALLE PARTI STRUMENTALI O LE AVETE AGGIUNTE SUCCESSIVAMENTE? 
Uno dei punti di forza di “Escape From Leviathan” è la nuova connotazione atmosferica dei brani e questo grazie alla presenza massiccia di synth, parti elettroniche e agli arrangiamenti di Botys Beezart, che ha co-prodotto con noi questo album. Botys è un amico di lunga data, tastierista e arrangiatore della gothic metal band barese Godyva. Abbiamo lavorato con lui in maniera simultanea e quindi i suoi arrangiamenti non sono stati aggiunti in una fase successiva, bensì sono nati assieme agli arrangiamenti degli altri strumenti, intrecciandosi e crescendo insieme, dando quindi vita a questa unica entità. Botys, per come ha lavorato, è stato a tutti gli effetti il sesto membro della band. In alcuni casi sono state inserite delle vere parti orchestrali, che hanno conferito una drammaticità unica. Questo ovviamente verrà anche ripresentato nei nostri prossimi lavori, poiché questa nuova “componente” si abbina perfettamente al concept lirico futuristico e crea, a mio parere, una vera e propria colonna sonora. 

"ESCAPE FROM LEVIATHAN" E' USCITO SOTTO L'ETICHETTA FINLANDESE INVERSE RECORDS. VEDETE DIFFERENZE NEL MODO IN CUI LAVORANO RISPETTO A UN'ETICHETTA ITALIANA? 
Per il nuovo album abbiamo ricevuto diverse offerte interessanti che ci hanno confermato di aver intrapreso la strada giusta per la band. In passato abbiamo avuto delle esperienze non “entusiasmanti” con le altre etichette, tra cui una italiana, e questa volta non volevamo commettere lo stesso errore. La Inverse Records si è dimostrata all’altezza delle aspettative svolgendo con professionalità quanto stabilito e dandoci quella visibilità internazionale che cercavamo. Rinunciando a qualche etichetta un po’ più importante abbiamo comunque cercato con questa scelta di non bruciare le tappe e affiancarci a un partner che rispecchiasse le possibilità e la situazione attuale della band. Non credo ci siano problemi se una label opera dall’Italia, purché lo faccia con la giusta serietà e professionalità.

SIETE SODDISFATTI DI COME IL DISCO E' STATO ACCOLTO DALLA CRITICA? 
Sì, molto! Abbiamo ricevuto ottime recensioni in Italia e negli altri paesi, oltre che un continuo feedback positivo da parte di nuovi fan con commenti e messaggi sui social che ci soddisfa a pieno.

AVETE DELLE NUOVE DATE IN PROGRAMMA? 
Abbiamo terminato con le date estive programmate, che ci hanno permesso di rodare a pieno la nuova formazione. Adesso siamo pronti per qualcosa di più grande e magari all’estero. Restate sintonizzati sulle nostre pagine.

SIAMO AI SALUTI DI RITO. COSA VOLETE DIRE AI VISITATORI DI THE METALLIST?
Vi ringraziamo per lo spazio dedicato e per l’interesse nei nostri riguardi. Spero che i lettori abbiano apprezzato “Escape From Leviathan”. Se non l’avete ancora ascoltato, visitare le nostre pagine e il nostro profilo www.facebook/subliminalfear dove troverete come raggiungerci su Spotify o Bandcamp. Vi aspettiamo! Rock On! 













martedì 23 agosto 2016


Gorepest - "Trinity Bleed" (Demo) 

Etichetta: Autoprodotto  -  Genere: Thrash Death Metal 


I Gorepest nascono a Genova nel 2015 e bagnano l'esordio con questo demo "Trinity Bleed" composto da tre brani. I Nostri suonano un Thrash Death senza compromessi, feroce, che dalla sua ha il merito di tenere sempre viva l'attenzione dell'ascoltatore. I numi tutelari qui sono i Metallica di "Kill'Em All" e "Ride The Lightning", nonché gli In Flames del periodo "Clayman". 
Si parte con "March Of The Uruk-Hai", un classico brano thrash dotato di riffoni alla Metallica e un ritmo piuttosto alto, ideale per scaldare gli animi. "Berserkers" è orientata sul death melodico, ha un intro sviluppata molto bene e una strofa altrettanto ben calibrata tra pesantezza e melodie. Al contrario la parte a tre-quarti canzone risulta un po' troppo scarna, forse a causa della produzione che non mette in risalto l'assolo tenuto troppo basso. "Trinity Bleed" inizia con un'assolo di chiara matrice slayeriana e procede con una strofa che si fa notare per la sua compattezza grazie a un bel lavoro di chitarra e cassa. Bridge e chorus sono tipicamente In Flames e in prossimità del finale assistiamo ad un assolo davvero ispirato. 

Che dire, i brani sono ben congegnati e, seppure non brillano certo per originalità, si dimostrano compatti a livello strumentale. La nota dolente mi pare piuttosto la voce, piatta e monocorde, spesso in difficoltà nel dare un tocco di varietà ai brani. Al di là di questo, che rimane comunque un problema risolvibile, il vero punto focale risulta la proposta musicale, identica a quella di tante altre band presenti sul mercato. Consiglio quindi ai ragazzi di riflettere su cosa potrebbero fare per dare un segno distintivo al loro sound, in modo da emergere in un genere così inflazionato. 
















domenica 21 agosto 2016



Nekhen - "Entering The Gate Of The Western Horizon" (EP) 

Etichetta: Autoprodotto -  Genere: Kemetic Metal 


Ci sono musiche che varcano ogni confine. Prendono il meglio dai vari generi e mirano a raccontare il Tutto. Chi compone queste musiche deve compiere un lavoro attento, da vero studioso, sapendo che la superficie non conta nulla e che ogni secondo di musica può trascinare l'ascoltatore in un viaggio incredibile. Ebbene, "Entering The Gate Of The Western Horizon" è tutto questo e molto di più. Chi l'ha composto è Nekhen, progetto che risponde al nome di Seth Peribsen (riferimento al misterioso faraone della II dinastia egizia, misterioso perché di lui non si ha traccia in alcun documento ma solo in sigilli e frammenti di vasellame). Nekhen ha compiuto infatti un'interpretazione sonora del libro dell'Amduat (libro che fa parte di quei testi religiosi dell'antico Egitto destinati ad accompagnare il defunto nel suo viaggio nell'oltretomba per consentirgli di "vivere" ancora nel mondo ultraterreno) così come rappresentato nella tomba KV34, localizzata a Luxor e dedicata al faraone Thutmose III. Il disco è in realtà un'unico pezzo composto di dodici tracce (interamente strumentali), così come di dodici parti è composto l'Amduat, che racconta il viaggio notturno del Dio del sole Ra in "ciò che è nell'aldilà". Questo viaggio viene raccontato musicalmente attraverso elementi doom, black, ma anche con strumenti acustici ed etnici. Vastissime sono quindi le conoscenze storiche e musicali di Nekhen che, ricordiamo, ha concepito, composto, suonato e registrato autonomamente il lavoro (oltre ad essersi occupato dell'artwork). 
Iniziamo quindi con "Waters Of Ra", in cui un giro suonato con strumenti etnici ci porta a sorvolare sull'Egitto del misticismo; in "Baw Of The Duat" lo stesso giro viene rielaborato prima con la chitarra e poi con un basso dal suono altamente ricercato, come a sottolineare l'ingresso di Ra nell'aldilà; in "Water Of The Unique Master, Which Brings Forth Offerings" la melodia di chitarra esprime un andamento ondulatorio (se non "acquatico"), mentre l'onnipresente giro di basso apre l'abisso della dimenticanza, voragine in cui Ra pare cadere progressivamente; se "With Living Forms"si fa apprezzare per i suoi ritmi tribali, "West" fa altrettanto con un'inizio cinematografico di rara bellezza (da notare l'elevata qualità degli effetti utilizzati) e uno sviluppo quasi black metal. "The Depths, Waterhole Of Those Of The Duat" viene introdotta da un'arpeggio squillante e ricercato, seguito da "picchi" di chitarra che ricordano certi passaggi dei Death di "The Sound Of Perseverance": questo brano è cruciale quanto la sesta parte dell'Amduat, dove l'anima di Ra si riunisce col proprio corpo e il sole comincia la propria rigenerazione; con "Mysterious Cavern" ritorna il giro di basso, profondo quanto la caverna in cui ci siamo addentrati, al cui interno si odono lamenti lontani che presagiscono quanto accade nel brano successivo, "Sarchopagus Of Her Gods", in cui l'apertura del sarcofago coincide con lo scatenarsi degli strumenti in tutta la loro imponenza; e se con "With Images Flowing Forth" abbiamo un'incidere costante che non è altro che la dipartita del Dio Sole dal luogo in cui si trovava, con "With Deep Water And High Banks" abbiamo un'episodio decisivo, aperto da un sospiro che inaugura il processo di rigenerazione del Dio Sole attraverso l'immersione nelle acque, sottolineato da una continua progressione musicale; in "Mouth Of The Cavern Which Examines The Corpses" assistiamo a urla di dannati, ingoiati dalla bocca di una caverna (forse la stessa da cui Ra tenta di fuggire?) e da una fuga perfettamente sottolineata da percussioni tribali. Il tutto si chiude con "With Emerging Darkness And Appearing Births", in cui colpi sferzanti annunciano l'arrivo delle tenebre e poco a poco le note sempre più "luminose" della chitarra ci raccontano di una nuova nascita, momento in cui Ra entra nell'orizzonte orientale pronto a risorgere ancora come il Sole di un giorno nuovo. 

E' innegabile che qui ci troviamo davanti a un lavoro di non facile assimilazione, ma stiamo parlando di un disco di livello assoluto, dove nulla è lasciato al caso, dove persino i titoli dei brani si portano con sé un bagaglio descrittivo che (questo è il bello) viene perfettamente realizzato a livello musicale. Per non parlare di certi riff, riutilizzati non per mero sfoggio di ciò che si è già creato, ma per aprire porte di stanze rimaste misteriosamente chiuse fino a quel momento. Se anche voi volete farvi condurre in questo viaggio, non vi resta che ascoltare questo disco sorprendente. 


Voto 8,5 / 10 

-M 














lunedì 15 agosto 2016



Forklift Elevator - "Killerself" 

Etichetta: Logic(il)logic Records -  Genere: Groove Metal


Oggi e' il momento dei Forklift Elevator, band proveniente da Padova che fin qui non ha avuto una carriera semplice. Nascono infatti nel 2009 come cover band e dopo tre anni passati a farsi le ossa sui palchi rallentano, causa l'uscita di tre membri su cinque. In poco tempo però riescono a formare una nuova line-up e a Gennaio 2015 esordiscono con l'album "Borderline".
A distanza di un'anno sfoderano il secondo lavoro "Killerself" edito da Logic(il)logic Records, un'album che, nelle intenzioni dei Nostri, si presenta con un identità ben precisa mantenendo però l'attitudine "in your face" che caratterizza la band sin dagli esordi.
Di sicuro quest'ultima non manca al quintetto padovano, che si dimostra dotato di una buona tecnica compositiva. Dispiace, pero', vedere disseminati qua e là tanti, troppi riferimenti ai paladini del Groove Metal (Pantera e Lamb Of God in primis, senza dimenticare i Mnemic). E così dopo l'ottima intro "Life Denied", in cui le chitarre "raccontano" melodie diverse in maniera del tutto scorrevole, si passa a "Bagger 288" - uno degli episodi migliori del lotto - con le sue chitarre aperte, un sound al limite dell'hard rock e soluzioni vicine ai Metallica di "That Was Just Your Life" (da "Death Magnetic"). "The 8th Sin" parte bene, con un riff groove che ci porta ad una strofa che ricorda molto "Laid To Rest" dei Lamb Of God, condita da ottimi effetti di chitarra. Finalmente qui la batteria si rende protagonista giocando con la ride bell e creando insieme alla voce di Stefano Segato un bridge davvero groove. Il chorus e' piuttosto standard e sorretto dalla voce che riprende, come spesso gli accade, il piglio di Randy Blythe. Ottimo l'assolo nella sua composizione, sebbene avrebbe potuto essere più lungo. "Deception" ricorda i Mnemic di "Deathbox", sebbene risulta più giocata sull'alternanza di parti veloci e mid-tempi; "Black Hole" ci riporta ai Pantera di "Revolution Is My Name", con un assolo che sa molto di Jack Daniels e Missisippi; "I Executor" e "Hidden Side" sono i due brani conclusivi e più personali del disco - entrambi cominciano con variazioni tra parti lente e mid-tempi, mentre le voci (soprattutto nella prima) alternano parti urlate ad altre più graffianti e giocate su tonalità medie. Entrambi i chorus sono trascinanti (quello di "Hidden Side" risulta quasi un motivetto da canticchiare), mentre da segnalare e' la scelta, sempre nello stesso brano, di arretrare la voce per dare maggior risalto alle atmosfere.

Terminato l'ascolto di "Killerself" è chiaro come i Forklift Elevator siano una band dotata di talento. Le canzoni sono ben costruite, senza passaggi falsi e, soprattutto, capaci di tenere sempre alta l'attenzione dell'ascoltatore. Ma proprio perché sanno fare bene il proprio mestiere, i ragazzi devono cercare ora una strada più personale, che potrebbe passare attraverso soluzioni vicine agli ultimi due brani citati e a una release non necessariamente pubblicata ogni anno. Non resta che augurargli in bocca al lupo.


Voto 7,5 / 10 

-M 






martedì 9 agosto 2016


Gigantomachia - "Aldebaran" (Demo) 

Etichetta: Autoprodotto  -  Genere: Death Metal


I Gigantomachia nascono nel 2015 in quel di Frosinone e in pochi mesi rilasciano un demo composto da tre brani. Il genere è un Death Metal seminale e "primordiale", che non disdegna un certo gusto per le atmosfere come già visto in Fleshgod Apocalypse, Gojira e Septic Flesh (a cui la band dichiara di ispirarsi).
Il brano di apertura "Aldebaran (Taurus Head)" è semplice e giocato su un'alternanza di due-tre riff. L'inizio è dettato da un'arpeggio d'atmosfera, complice un cantato sussurrato che ricorda tanto i Dark Tranquillity di "Haven". Il riff portante e' forse un po' troppo semplice, ma si fonde bene con la cassa il cui suono è decisamente profondo. Interessante è il chorus, in cui le atmosfere dominano rispetto al cantato. Dei tre "Leviathan" è forse il pezzo più valido. Dopo una pesante introduzione si passa alla strofa, che alterna momenti cantati ad altri in cui si e' preferito l'incidere inesorabile dettato da chitarre e batteria. Note aperte dalle tinte apocalittiche caratterizzano il chorus, in cui la voce di Davide Angelo Pietrantoni si lascia andare a vere e proprie raffiche di scream. La seconda strofa è accelerata rispetto alla prima e presagisce l'arrivo di una minaccia incombente che prende forma nel nuovo chorus. L'assolo è a suo modo sorprendente, capace di rapirti e portarti lontano per un'istante, salvo farti discendere nelle tenebre del riff che conclude il brano a suon di marcia. La terza e conclusiva "Eye Of The Cyclop" è molto diversa dalle prime due e giocata su tempi veloci in stile Cannibal Corpse.

Dal punto di vista compositivo i Gigantomachia si trovano a loro agio nel proporre un metal essenziale e danno il meglio di se' quando lavorano sull'atmosfera piuttosto che sulla pesantezza, tuttavia i brani paiono veramente troppo scarni, se non poco lavorati: mi riferisco alla batteria, che ripete spesso gli stessi pattern; a certe parti che dovrebbero collegare i riff tra di loro in maniera piu' elaborata e che invece sono assenti. Va detto che quel che ci troviamo davanti e' un demo, ma oggigiorno anche un demo deve essere realizzato in maniera impeccabile (o perlomeno vicina alla perfezione). Considerando che il materiale di base ha un'ottimo potenzale tuttora da esplorare, cio' che consiglio alla band e' di lavorare maggiormente sui dettagli, compiendo un lavoro di "fino" che porti le canzoni a un secondo livello sia in termini di riff che di arrangiamenti.


Voto 6,5 / 10

-M


Facebook: https://www.facebook.com/Gigantomachia-715134301919621/home




sabato 6 agosto 2016


Il Rock e' Passione: intervista ai John Dallas  


I John Dallas hanno esordito l'anno scorso con "Wild Life", un disco di hard rock suonato con passione e che ha ricevuto ottimi riscontri. Incontriamo John, persona estremamente disponibile, che ci ha raccontato degli ultimi mesi spesi a promuovere il disco, della positività che si respira all'interno della band e dei progetti futuri. 



CIAO JOHN, COME VA? VUOI RACCONTARCI COM'E' NATA LA BAND CHE PORTA IL TUO NOME? 
Bene dai! La band è nata due anni fa con l 'intento di divertirci nel nome dell' Hard Rock. E' stato un lungo percorso perché trovare gli elementi giusti non è stato facile. Se parliamo di Mauro il chitarrista (in arte Tom Angeles) era da anni che ci rincorrevamo, al basso un grande amico Matte che suonava già con me parecchi anni fa e alla batteria Andrew, che è anche batterista degli Speed Stroke ed è una sicurezza, poi grazie alla Street Symphonies che ci ha dato la benzina in più per andare avanti. 

DA COSA DERIVA IL NOME JOHN DALLAS?
Il nome deriva da Jon Bon Jovi e Dallas, il celebre telefilm anni 80!

COSA VOLETE ESPRIMERE CON LA VOSTRA MUSICA?
Vogliamo esprimere divertimento per quello che suoniamo, il Rock; e anche per questo tornare bimbi. Quando siamo sul palco cerchiamo di dare tutto, consapevoli di far divertire la gente, poi tanto sudore e spirito di sacrificio.. PAROLA D’ORDINE SORRISO! 

COSA NE PENSATE DELLA SCENA METAL ITALIANA EMERGENTE?
Sicuramente una fauna in movimento. Ci sono dei bravissimi gruppi in giro che si meriterebbero più spazio, ma con la crisi attuale non è facile mantenere una band. Però la musica ha un potere immenso di aggregare. 

L'ANNO SCORSO E' USCITO IL VOSTRO PRIMO ALBUM "WILD LIFE" SOTTO APPUNTO LA STREET SYMPHONIES: QUANTO TEMPO VI E' SERVITO PER COMPORRE IL DISCO? SIETE SODDISFATTI DEL RISULTATO OTTENUTO? 
Per comporre il disco ci sono voluti due anni, con parecchie peripezie ma siamo contenti del risultato. Secondo noi meglio di così a livello di registrazione non potevamo fare.  

SIETE SODDISFATTI DI COME E' STATO ACCOLTO DALLA CRITICA?
Contentissimi per le tante recensioni avute da tutto il mondo, ci hanno ripagato per il lavoro svolto..poi quelle che non sono andate bene pazienza, tutto fa legna! 

A MAGGIO AVETE SUONATO DI SUPPORTO ALLE GIRLSCHOOL, POI IN FRANCIA A UN FESTIVAL..COSA CI PUOI DIRE DI QUESTE ESPERIENZE?
Sono state delle belle esperienze e al gruppo fanno bene perché ci si unisce di più. Per la Francia siamo stati contentissimi, il pubblico ha risposto alla grande e poi le Girlschool bravissime. 

AVETE NUOVE DATE IN PROGRAMMA? 
Si riattacca il jack il 3 Settembre al Bononia 189 di Bologna, poi parteciperemo all’ “Ozzy & Friends” il 18 Settembre assieme a Giacomo Voli e Michael Angelo, uno dei chitarristi più veloci al mondo!

QUALI SONO I VOSTRI PROGETTI FUTURI? AVETE IN CANTIERE UN NUOVO DISCO? 
Sì, stiamo lavorando a dei nuovi pezzi e già quattro sono in cantiere. Speriamo il prossimo anno di andare in studio..bisogna sempre stare sul pezzo, il nuovo stimola la band ad andare avanti. 

COSA VOLETE DIRE PER SALUTARE I VISITATORI DI THE METALLIST? 
A tutti i visitatori dico di seguire il sito di The Metallist e supportare il Metal e l’Hard Rock! 

ROCK ON! 








martedì 2 agosto 2016



Intervista ai Chaos Plague 


CIAO RAGAZZI, COME VA? VOLETE RACCONTARMI COME SONO NATI I CHAOS PLAGUE? 
Eccoci qua! Tutto splendidamente, grazie! I Chaos Plague sono un progetto che ha iniziato a fare sul serio nel 2008. Il primissimo nucleo della band era composto da Davide Luraghi (chitarra), Stefano Tarsitano (batteria) e Matteo Salvestrini (basso). Fin dall’inizio l’obiettivo è stato quello di scrivere Musica originale, non sono mai state previste cover se non come riempitivo dei primi show. Abbiamo subìto diversi cambi di line-up e “battute di rallentamento”, tuttavia non ci siamo mai arrestati e ora la formazione comprende Daniele Belotti (growl e clean vocals) e Luciano Duca (chitarra). 

COME MAI AVETE SCELTO QUESTO NOME? 
Volevamo un nome che fosse rappresentativo di un concetto e che non si limitasse a suonare bene all’orecchio, il concetto del Caos nel Metal è sempre stato molto d’interesse. Parte del gruppo ha una formazione scientifica e classica, quindi combinando il concetto di entropia, caoticità delle forze con la filosofia esistenzialista e diversi temi derivanti dalle opere di Nietzche è nato Chaos Plague. Entrambe le parole hanno un significato: il Caos è l'identificazione di una forza interiore, devastante e potentissima, che l’uomo ha dentro di sè..attraverso tale forza, colui che si riveli in grado di piegarla al suo volere, puó conquistare lo stato di Ubermensch, lˊOltreuomo. Plague è usato in accezione negativa e si riferisce al ˝morbo/malattia˝ che affligge chi ha questo dono e si trova in un mondo dove la superioritá dellˊessere è vista come motivo di scherno ed emarginazione. 

QUALI BAND SONO STATE D'ISPIRAZIONE NELLA VOSTRA CARRIERA MUSICALE? 
Prevalentemente potremmo citare Cynic, Obscura e Opeth, che hanno gettato le basi per il nostro orientamento musicale. Negli anni abbiamo iniziato ad apprezzare altre band che ci hanno ispirato per arricchire la nostra proposta, per citarne alcuni: Martyr, Messhuggah, Twisted Into Form e At the Gates.

COSA VOLETE ESPRIMERE CON LA VOSTRA MUSICA? 
Domande come questa mettono sempre un po’ in crisi...crediamo che la Musica debba essere riflesso dell’artista e della persona che la crea. I nostri testi trattano di filosofia, ma essa viene “piegata” dal significato che ciascun ascoltatore vede in essa. Così vogliamo essere: la Musica per noi è catarsi, deve risanare l’animo e la mente, questo è ciò che vorremmo si potesse dire della nostra arte; anche per questo motivo abbiamo fatto la scelta del Progressive Death, è un genere che permette molta libertà, e a noi piace esprimerci sotto ogni aspetto Musicale.

COSA NE PENSATE DELLA SCENA METAL ITALIANA UNDERGROUND? 
Non posso fare a meno di specificare che questo è il pensiero di chi sta scrivendo (Matteo Salvestrini) e posso parlare solo per me stesso. Ciò che penso a riguardo è che la scena sia meno in salute di quello che potrebbe essere....ma permettetemi una riflessione che parte da “un passo indietro”: la situazione MUSICALE italiana è un enorme calderone dove ci si divide tra chi ha capito che la Musica è un lavoro, oltre che una passione, e chi no. Entrambe le categorie, però, hanno egual spazio e visibilità (ovviamente non stiamo parlando di gruppi/artisti con la possibilità di apparire in televisione o canali analoghi, che ormai anche i sassi sanno essere a pagamento). 
I primi non riescono a trarre beneficio del proprio operato “a causa” (virgolettato perché c’è una concomitanza di cause e di quelle più gravi parleremo tra poco) dei secondi. La Musica non basta suonarla benino, a livello amatoriale, se si vuole VERAMENTE farne qualcosa di concreto, bisogna curarne il più possibile ogni aspetto, a partire dalla composizione, passando per strumentazione, professionalità, produzione..etc..etc..chiaramente l’Underground va supportato, ma senza poter distinguere le band di qualità rispetto a quelle che lo fanno perché la domenica pomeriggio non hanno null’altro da fare, non si riuscirà mai a uscire da questo loop. 
Il problema vero sono l’invidia e l’ignoranza del pubblico: in Italia siamo molto stantii sui gusti..ci piace il calcio e quello ci piacerà sempre....ci piacciono i “inserire monicker di caratura mondiale nato negli ‘80s/’90s a caso” e quelli ci piaceranno sempre..BASTA! I nuovi nomi non circolano, il denaro non viene speso per determinati concerti, i locali non guadagnano, gli artisti non guadagnano, la Musica non cresce. I locali spendono troppo per i servizi base (tasse e concessioni costano una follia), figuriamoci se si mettono a convertire un pub in Live Club quando basta una cover band degli Iron Maiden (sia che essa abbia suoni mediocri e performance al limite dell’accettabile sia che interpreti magistalmente i pezzi del combo inglese) a fare pienone...E hanno ragione. Nessuno in Italia chiede Musica nuova...non c’è la fame per la Musica del proprio paese. Spesso leggo sui social o sento nei pub discussioni riguardo all’impossibilità dell’Italia nello stare dietro all’estero...e mi chiedo..ma nessuno ricorda i Sadist?! Gli Illogicist?! Oppure i Vision Divine?!?! I Node?!? Senza scomodare gruppi più grossi che han girato il mondo e ancora oggi sono in attività...e vi assicuro che ci sono nuove realtà interessantissime...che però svaniranno, senza un minimo di supporto: Void Seeker, Sinphobia, Integral, Siege, Ancient Dome, Last Rites, Cerebral Extinction, Chiral, Hidden Memories, Carnality....tutti ottimi gruppi a stadi diversi di carriera. 
Un grave problema è l’invidia, come dicevo: quante volte avete assistito ai concerti underground...e il pubblico è impalato a braccia incrociate, pronto a giudicare ogni minimo quarto suonato!?!? Poi naturalmente non è così per tutti, fortunatamente, qualcuno ha giro e riesce a farsi largo nella scena, alcuni per merito....molti altri per conoscenza...e anche questo è un aspetto GRAVISSIMO che sta uccidendo la scena. 
La scena Underground italiana è ricchissima, ma sofferente in una maniera che non merita. 

COMPOSIZIONE DEI BRANI..SALETTA O PC? 
Prevalentemente si usa il PC, ma tantissimi arrangiamenti sono nati in saletta. Il motivo principale sta nel fatto che gran parte del materiale finora composto è stato scritto dal nostro bassista...che è assolutamente incapace nel suonare la chitarra! Sarebbe impossibile per lui scrivere le parti di un pezzo direttamente sulla chitarra, e quindi si ricorre allo spartito digitale.

E’ DA POCO USCITO IL VOSTRO DISCO DI DEBUTTO “EXISTENCE THROUGH ANNIHILATION” SOTTO ETICHETTA REVALVE RECORDS: SIETE SODDISFATTI DEL VOSTRO LAVORO? 
È sicuramente stata unˊesperienza importantissima. I pezzi hanno dei punti che potevano essere migliorati, cosí come il mixaggio e qualche altro aspetto, la proposta in generale ha necessitá di crescere cosí come ne abbiamo noi in qualità di musicisti. Ci sentiamo di dire che “Existence Through Annihilation” è stato ed è un lavoro fatto al massimo delle nostre possibilitá in quello specifico frangente. Siamo soddisfatti del risultato e guardiamo con fiducia e maggior coscienza al prossimo disco. La Revalve ha fatto un buon lavoro con il supporto al disco e siamo grati a tutto lo staff per quello che sta ancora facendo. 

QUALI SONO I VOSTRI OBIETTIVI PER QUESTO DISCO? 
Venderlo non farebbe male! Eheheheh. Scherzi a parte, noi tutti crediamo nella Musica come arte e lˊarte è il riflesso di ció che siamo come esseri umani. Ci auguriamo che il disco piaccia e che sia possibile far sentire il nostro concetto di Musica in quanti piú posti possibili. Sono uscite ottime recensioni, con critiche costruttive e validissimi spunti per il secondo disco ma soprattutto apprezzamenti. Questo ci ha fatto un gran piacere. Attualmente stiamo tentando di andare in tour allˊestero, che detto cosí pare facile, ma conciliare 5 persone con impegni famigliari, ferie dal lavoro (soprattutto) e altri aspetti della vita di tutti i giorni non si sta rivelando molto semplice...

AVETE DELLA DATE IN PROGRAMMA? 
Il prossimo 8 Ottobre suoneremo al The One di Cassano dˊAdda insieme a Perfidious e Escatology e sará sicuramente una serata infuocata, poi saremo quasi di sicuro impegnati nellˊorganizzazione di mini˗tour e date a supporto del disco (possibilmente allˊestero) per poi concentrarci sul materiale nuovo per il secondo album. 

MANDATE UN SALUTO AI VISITATORI DI THE METALLIST 
È stato un piacere essere su queste pagine! Grazie a tutti coloro che supportano attivamente il Metal Underground italiano!! 
La linfa vitale dei Chaos Plague siete voi!! Riguardo a chi non ci conosce, ci auguriamo di avervi insitillato un minimo di curiosità per “Existence Through Annihilation” e vi aspettiamo sulla nostra pagina per sapere cosa ne pensate!! 
A presto!! 

“CHAOS UPON US ALL!”



lunedì 1 agosto 2016



Misteyes - "Creeping Time" 

Etichetta: Maple Metal Records  -  Genere: Gothic Metal


Innanzitutto voglio esprimere una nota di merito ai Misteyes per la professionalità dimostrata in fase di richiesta recensione..finalmente ho ricevuto un vero press kit (il cui termine è ancora sconosciuto a molti)! Dettaglio da non trascurare, specie per una band che intende fare il salto di qualità e ritagliarsi uno spazio nel metal moderno.
Parlando del disco d'esordio "Creeping Time", è chiaro come alla band piaccia abbondare. Dodici sono le tracce e (solo) quattro di esse hanno una durata sotto i cinque minuti: fattore importante se non decisivo nell'esprimere un giudizio definitivo. Già, perché i Nostri hanno come obiettivo quello di creare un "Light & Dark Metal" fatto dell'incontro tra gli opposti ovvero la Luce, rappresentata dalla voce cristallina di Denise Manzi e dalle atmosfere eteree che la accompagnano, e l'Oscurità, espressa dal cantato growl/scream di Edoardo Iacono e dalle tanti parti strumentali di matrice death. Obiettivo ambizioso ma complesso da realizzare, specie quando si impegna l'ascoltatore su una così lunga durata (oltre l'ora di musica). Se a questo aggiungiamo una produzione "satura" di dettagli e un lavoro ancora acerbo nelle legatura di certe parti (mi riferisco ai continui spezzettamenti di "Brains in a Vat" e lo stop - con radicale cambio d'atmosfera - dopo il primo minuto di "Inside the Golden Cage"), appare chiaro come il disco non sia di facile "digeribilità".
Al di là di questo, è innegabile che il disco abbia una sua qualità intrinseca. La title track rende bene l'alternanza tra Luce e Oscurità grazie a un avvicendamento ben calibrato delle voci; "Lady Loneliness" è una song estremamente variegata ma equilibrata, condita da un'alta espressività del cantato femminile; "The Prey" ha un intro vertiginosa e ottimi riff death; "Destroy Your Past" convince con il suo inizio ritmato, il chorus cadenzato e un grosso lavoro dei cori; "Decapitated Rose", che al di là della presenza di Björn "Speed" Strid dei Soilwork rimane un pezzo ispirato e capace di tenere alta l'attenzione dell'ascoltatore dall'inizio alla fine (ottimo qui il lavoro di basso).
I Misteyes sono quindi una band dalle ottime potenzialità e i difetti presenti in questo "Creeping Time" sono gli stessi dei dischi d'esordio di tante altre band emergenti. D'altra parte ambiscono a voler creare un gothic metal diverso dal solito e hanno tutte le carte in regola per farlo, grazie a musicisti tecnicamente validi e una coppia di voci che funziona molto bene.
Quel che la band deve fare ora è, a mio avviso, ripensare il proprio modus operandi e chiedersi se ciò che vogliono esprimere non si possa ottenere con una maggior economia di mezzi (meno canzoni e più brevi). Ne guadagnerebbero in compattezza e gli sarebbe molto più facile arrivare all'orecchio dell'ascoltatore.


Voto 7 / 10 

-M