lunedì 7 novembre 2016



The Burning Dogma - "No Shores of Hope"

Etichetta: Sliptrick Records -  Genere: Death Metal 


Dopo essere esorditi nel 2012 con l'EP “Cold Shade Burning”, i bolognesi The Burning Dogma tornano con questo full-length intitolato “No Shores of Hope”. A quattro anni di distanza tanto è cambiato: in primis la firma con l'etichetta Sliptrick Records, ma anche alcuni cambi di line-up, occasione per i Nostri di rivedere la propria immagine. Ora infatti è tutto più fosco e crepuscolare, con il logo e gli abiti diventati piuttosto tetri. La proposta musicale segue quindi la stessa linea, con tredici tracce (di cui sei sono passaggi a cavallo tra lo strumentale e il sinfonico/elettronico) pronte a portarci in un mondo oscuro e desolato. Dopo l'intro “Waves of Solitude” eccoThe Breach”, in cui abbiamo un incipit corposo e dalle tante variazioni, a dimostrazione dell’ottimo feeling tra chitarre e batteria. La voce risulta convincente e capace di passare dal growl allo scream e viceversa senza troppi sforzi. Evocativa la parte finale grazie agli assoli di Maurizio Cremonini, abile nel bilanciare parti veloci ad altre in cui accarezza l’oscurità a suon di melodie; “Skies of Greyè un brano lungo ma gradevole, grazie a un numero minore di variazioni e alla presenza della cantante Debora Ceneri (Revenience) in qualità di ospite; con Feast for Crowsabbiamo invece un episodio poco convincente, sia per l’intro bella ed evocativa stroncata dal cambio di tempo della strofa, che per la linea vocale del chorus non all'altezza; e se Burning Timesnon si sposta molto da quanto sentito nella traccia precedente, ascoltando Hopelessnon si non si avverte la presenza di un'apice emotivo, per il resto troviamo una prima metà cantata in growl (cupo a tal punto da stare sotto al livello delle chitarre, infastidendo l'ascolto) e la seconda in scream; con Nemesis” non è facile avere una visione complessiva del brano, a causa dei troppi riff che lo “affollano”, mentre con la trilogia conclusiva “Dawn Yet to Come” - e in particolare col secondo episodio No Heroes Dawn” - torniamo a pregevoli tinte crepuscolari, rese grazie all'ottima scelta degli effetti di chitarra.
Dopo aver ascoltato “No Shores of Hope” la cosa che rimane più impressa è l'atmosfera plumbea che pervade il disco, dovuta in gran parte al grosso lavoro svolto da chitarre e tastiera. Eppure in tutto questo qualcosa ancora non quadra. La band si dimostra solida, ma non ancora capace di “bucare” lo stereo. Spesso i brani soffrono di drastici cambi di bpm, cosa che rende difficile l'ascolto generale. Intendiamoci, ci troviamo davanti a musicisti che sanno il fatto loro, ma suggerisco loro un lavoro più oculato in questo senso, in modo da dare alle canzoni un “flow” preciso che permetta all'ascoltatore di calarsi al meglio nell'immaginario oscuro ricreato dai Nostri. Sono sicuro che, limato questo dettaglio, i The Burning Dogma potranno facilmente trovare un posto tutto loro nel panorama Death nostrano. 



Voto 7 / 10

-M





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