lunedì 15 agosto 2016



Forklift Elevator - "Killerself" 

Etichetta: Logic(il)logic Records -  Genere: Groove Metal


Oggi e' il momento dei Forklift Elevator, band proveniente da Padova che fin qui non ha avuto una carriera semplice. Nascono infatti nel 2009 come cover band e dopo tre anni passati a farsi le ossa sui palchi rallentano, causa l'uscita di tre membri su cinque. In poco tempo però riescono a formare una nuova line-up e a Gennaio 2015 esordiscono con l'album "Borderline".
A distanza di un'anno sfoderano il secondo lavoro "Killerself" edito da Logic(il)logic Records, un'album che, nelle intenzioni dei Nostri, si presenta con un identità ben precisa mantenendo però l'attitudine "in your face" che caratterizza la band sin dagli esordi.
Di sicuro quest'ultima non manca al quintetto padovano, che si dimostra dotato di una buona tecnica compositiva. Dispiace, pero', vedere disseminati qua e là tanti, troppi riferimenti ai paladini del Groove Metal (Pantera e Lamb Of God in primis, senza dimenticare i Mnemic). E così dopo l'ottima intro "Life Denied", in cui le chitarre "raccontano" melodie diverse in maniera del tutto scorrevole, si passa a "Bagger 288" - uno degli episodi migliori del lotto - con le sue chitarre aperte, un sound al limite dell'hard rock e soluzioni vicine ai Metallica di "That Was Just Your Life" (da "Death Magnetic"). "The 8th Sin" parte bene, con un riff groove che ci porta ad una strofa che ricorda molto "Laid To Rest" dei Lamb Of God, condita da ottimi effetti di chitarra. Finalmente qui la batteria si rende protagonista giocando con la ride bell e creando insieme alla voce di Stefano Segato un bridge davvero groove. Il chorus e' piuttosto standard e sorretto dalla voce che riprende, come spesso gli accade, il piglio di Randy Blythe. Ottimo l'assolo nella sua composizione, sebbene avrebbe potuto essere più lungo. "Deception" ricorda i Mnemic di "Deathbox", sebbene risulta più giocata sull'alternanza di parti veloci e mid-tempi; "Black Hole" ci riporta ai Pantera di "Revolution Is My Name", con un assolo che sa molto di Jack Daniels e Missisippi; "I Executor" e "Hidden Side" sono i due brani conclusivi e più personali del disco - entrambi cominciano con variazioni tra parti lente e mid-tempi, mentre le voci (soprattutto nella prima) alternano parti urlate ad altre più graffianti e giocate su tonalità medie. Entrambi i chorus sono trascinanti (quello di "Hidden Side" risulta quasi un motivetto da canticchiare), mentre da segnalare e' la scelta, sempre nello stesso brano, di arretrare la voce per dare maggior risalto alle atmosfere.

Terminato l'ascolto di "Killerself" è chiaro come i Forklift Elevator siano una band dotata di talento. Le canzoni sono ben costruite, senza passaggi falsi e, soprattutto, capaci di tenere sempre alta l'attenzione dell'ascoltatore. Ma proprio perché sanno fare bene il proprio mestiere, i ragazzi devono cercare ora una strada più personale, che potrebbe passare attraverso soluzioni vicine agli ultimi due brani citati e a una release non necessariamente pubblicata ogni anno. Non resta che augurargli in bocca al lupo.


Voto 7,5 / 10 

-M 






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